OBESITÀ, PER PREVENIRLA ADOTTIAMO STILI DI VITA SANI
Oggi ricorre la Giornata Mondiale Obesità, istituita nel 2015 dalla World Diabetes Federation, che coinvolge organizzazioni, associazioni e individui, con l’obiettivo ambizioso di invertire la crisi globale dell’obesità.
Un miliardo di persone, cioè una su sette, convivono con questa patologia, e nel 2035 saranno 2 miliardi, cioè una su quattro degli abitanti del nostro pianeta.
Numeri importanti, che destano preoccupazione, visto che spesso l’obesità è alla base di patologie anche gravi come quelle cardiovascolari, quelle autoimmuni, il cancro o il diabete.
Approfondiamo l’argomento con la Dott.ssa Paola D’Aiuto, medico della Clinica Guarnieri.
Obesità: perché è rischiosa?
Una volta considerato un problema dei paesi sviluppati e ad alto reddito, l’obesità è ora in aumento nei paesi in via di sviluppo, in particolare nelle aree urbane. In questi paesi con economie emergenti il tasso di incremento di obesità infantile è stato superiore di oltre il 30% rispetto a quello dei paesi sviluppati.
Per questi motivi, l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale sia per la sua crescente prevalenza (pandemia) sia perché è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche, quali diabete mellito di tipo 2, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari e tumori. “A queste si associano la sindrome delle apnee notturne (che aumenta il rischio di morte improvvisa per aritmia), l’artrosi, la calcolosi della colecisti, l’infertilità e la depressione”, spiega la Dott.ssa D’Aiuto.
Complessivamente, sovrappeso e obesità rappresentano il quinto più importante fattore di rischio per mortalità globale (almeno 2.8 milioni/anno di decessi nel mondo) e si calcola che un paziente con obesità grave riduca la propria aspettativa di vita di circa 10 anni e ne trascorra 20 in condizioni di disabilità.
Quando è necessario rivolgersi a uno specialista?
“Innanzitutto, va precisato che l’obesità può rappresentare un grave problema di salute legato all’eccesso di tessuto adiposo, soprattutto a livello viscerale (grasso addominale ed epicardico, ossia intorno al cuore) oltre che sottocutaneo. Il tessuto adiposo, infatti, non è un tessuto inerte, con la sola funzione di riserva energetica, bensì viene oggi considerato un vero e proprio organo endocrino, coinvolto in numerosi processi fisiologici e patologici, fra cui immunità e infiammazione.
In particolare, la produzione di numerose molecole pro-infiammatorie e antinfiammatorie, dette citochine, è disregolata nel tessuto adiposo dei soggetti affetti da obesità con prevalente produzione di quelle ad attività pro-infiammatoria, che sembrano essere coinvolte nello sviluppo dell’insulino-resistenza e nell’aumento del rischio cardiovascolare associato all’obesità stessa.
Stando così le cose, diventa molto importante rivolgersi allo specialista precocemente, non solo quando si è già instaurata una condizione di obesità bensì quando è in atto anche un semplice sovrappeso. In questo modo si ha la possibilità di intervenire tempestivamente e prevenire l’insorgenza di malattie che potenzialmente rischiose per la salute”, spiega il medico.
Chi viene classificato “obeso”?
Ricordiamo che la classificazione dell’obesità, come indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1997), si fonda sull’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI – Body Mass Index) che è il valore numerico che si ottiene dividendo il peso corporeo (espresso in Kg) per il quadrato dell’altezza (espressa in metri). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce sovrappeso la condizione nella quale l’IMC è uguale o superiore a 25 fino a 29.99, e obesità quando l’IMC è uguale o superiore a 30.
Educazione al corretto stile di vita: da dove iniziare?
“Per iniziare a perdere peso bisogna modificare le proprie abitudini alimentari ricorrendo ad una alimentazione sana e completa. Si consiglia, infatti, di frazionare correttamente i pasti garantendone almeno 5 al giorno, ossia i tre pasti principali e gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio; di garantire un corretto apporto proteico e una certa varietà delle proteine introdotte (carne, pesce, uova, legumi e formaggi); di garantire l’assunzione di micronutrienti (sali minerali e vitamine) tramite il consumo giornaliero di frutta e verdura; di incrementare l’assunzione di fibra, di ridurre i condimenti e di evitare il più possibile gli zuccheri semplici (i dolci in generali, bevande zuccherine e così via), i cibi ad alta densità energetica e il “cibo spazzatura”, prediligendo invece cibi freschi e stagionali.
Importante è anche una corretta idratazione e garantire una buona attività fisica (lì dove è possibile) con attività aerobica di media intensità per 30-45 minuti quasi tutti i giorni”, conclude la Dott.ssa Paola d’Aiuto.