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LO SPORT E LE PROTESI DI ANCA E GINOCCHIO, UNA CONVIVENZA SPESSO POSSIBILE

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L’intervento chirurgico di protesi al ginocchio o all’anca viene in genere deciso quando si è in presenza di un’artrosi che è giunta a un tale livello da procurare un continuo dolore in grado di incidere negativamente sulla qualità della vita di chi ne soffre.

Che cos’è nello specifico l’artrosi e come si sviluppa? Quando bisogna pensare a una protesi d’anca o di ginocchio? Con le protesi bisogna dire addio alla pratica dello sport? Risponde a queste domande il dottor Marco Villa, specialista in Ortopedia della Clinica Guarnieri ed esperto della chirurgia protesica di anca e ginocchio.

“L’artrosi è una malattia degenerativa che colpisce la cartilagine di rivestimento delle articolazioni, in particolare di ginocchio e anca. Viene dunque originata dall’invecchiamento dell’articolazione e genera in un secondo momento una componente infiammatoria. Ce ne sono di due tipi.

La prima è l’artrosi primitiva o idiopatica, che si verifica quando l’articolazione comincia a consumarsi per il trascorrere del tempo e per la presenza di concause come l’aver praticato molto sport, essere sovrappeso o avere una cattiva qualità ossea, ed risente in maniera significativa di una condizione ereditaria.

Le seconde, meno diffuse rispetto alle prime, sono le artrosi secondarie, che si verificano a seguito di fratture, micro-traumi sportivi, lussazioni, eventi traumatici o dipendono da situazioni secondarie a malformazioni congenite, presenti quindi fin dalla nascita, osteonecrosi, processi infiammatori od infettivi cronici”.

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Come si arriva a una condizione di artrosi tale da richiedere un intervento di protesi?

“L’artrosi ha un suo ritmo che difficilmente può essere modificato, in genere è lei che decide il suo percorso. Non c’è un criterio che vale per tutti: ci sono situazioni artrosiche che precipitano in tre-quattro mesi (in genere perché si sovrappongono fenomeni ischemici a fattori di usura meccanici) e altre che rimangono stabili per anni. Alcuni comportamenti possono peggiorare la situazione generando  sollecitazioni meccaniche eccessive proprie della corsa, che da questo punto di vista è l’attività sportiva, tra quelle praticate in modo non agonistico, che può contribuire maggiormente a peggiorare le cose.

Attività sportive a rischio sono anche quelle attività che, oltre a produrre sollecitazioni meccaniche eccessive, possono generare continui microtraumi alla cartilagine di rivestimento dell’anca (salti, cambi di posizione, contrasti, traumi discorsivi), quali ad esempio il Tennis, il Padel, il Calcio, il Basket e così via. Non esistono terapie in grado di ridonare salute alla cartilagine che quando comincia a degenerarsi non può essere più riportata al suo antico splendore.

È possibile però intervenire con le terapie adiuvanti e terapie sintomatiche, con antidolorifici, con le infiltrazioni di acido ialuronico, di collagene, di plasma ricco in piastrine e fattori di crescita, che aiutano a sfiammare, a creare un ambiente articolare più normale e fisiologico. Non si hanno certezza che aiutino a far ricrescere la cartilagine ma lubrificano un po’ l’articolazione e contribuiscono a ritardare il momento della protesi”.

E quando non è più possibile rimandare, per anca o ginocchio rimane solo la protesi…

“Sì, la chirurgia protesica è molto cambiata negli ultimi 10 anni. C’è stata una forte evoluzione sotto il profilo del design delle protesi, ma sono soprattutto i materiali a essere migliorati notevolmente. A ciò si aggiunge il fatto che oggi vengono effettuati accessi senza staccare tendini, passando attraverso i muscoli, e vengono utilizzate protesi estremamente piccole, che permettono di conservare una maggiore porzione di osso.

I tempi di recupero si sono molto ridotti, grazie anche al protocollo fast track che applichiamo alla Clinica Guarnieri, che prevede un ricovero veloce con alcune accortezze che riducono al paziente i traumi chirurgici e di conseguenza i dolori e i fastidi del post intervento”. Comunque si considera una indicazione chirurgica assoluta il contatto, ad una radiografia del bacino sotto carico, dell’osso femorale con l’osso acetabolare del bacino. Un contatto bone-on-bone non è reversibile e necessita di una protesi articolare di rivestimento, a conservazione del collo femorale o tradizionale a seconda delle indicazioni poste dal chirurgo esperto in protesica dell’anca

C’è un’età ideale per sottoporsi a intervento di protesi?

“Una volta si diceva che era meglio aspettare più tempo possibile prima di procedere con l’applicazione di una protesi. Oggi grazie ai nuovi materiali e agli accessi mininvasivi è possibile anticipare i tempi. Per i pazienti che hanno circa 50 anni valutiamo se sia possibile posticipare l’impianto così da guadagnare tempo sulla durata della protesi. Ma se si è in presenza di dolore o di particolari fastidi è meglio non rimandare l’intervento perché sarebbe tempo di qualità della vita buttato via. Ogni situazione, ripeto, è a sé e le decisioni devono essere prese di concerto tra il medico e lo stesso paziente”.

Le protesi consentono il ritorno alla pratica di sport?

“Le protesi parziali o totali consentono il ritorno alle comuni attività sportive. Meglio favorire gli sport fuori carico come la palestra, il nuoto, la bicicletta rispetto ad attività sotto carico come la corsa, Padel, Tennis ecc, per i motivi detti prima: anche le artroprotesi di anca, così come le articolazioni biologiche, sono soggette a usura dei loro materiali. Una intensa ed agonistica attività sportiva microtraumatica potrebbe, anche se non ne siamo certi, ridurre la vita dell’impianto.

In ogni caso, è assolutamente importante che dopo l’intervento sia eseguita una buona riabilitazione, da curare con grande attenzione nel primo mese e mezzo e da mantenere via via nei primi sei mesi post intervento”.