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INTERVENTO DI PROTESI D’ANCA IN GUARNIERI: QUELLO CHE DEVI SAPERE

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Le difficoltà generate da importanti condizioni come la coxartrosi (artrosi all’anca) e la gonartrosi (artrosi al ginocchio) sono davvero invalidanti e colpiscono una fetta di popolazione ancora attiva. Queste malattie degenerative, però, hanno una possibile soluzione grazie a interventi di chirurgia protesica.

Affrontiamo il tema dell’intervento di protesi d’anca con il dottor Marco Villa, specialista in Ortopedia della clinica Guarnieri, esperto nella chirurgia protesica di anca.

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Cos’è la coxartrosi?

“Semplificando un po’ i concetti, potremmo dire che la coxartrosi è una malattia che va a colpire la cartilagine che ricopre la testa del femore e la cavità dell’anca in cui si muove la testa del femore stesso. In pratica questa malattia fa in modo che lo strato di cartilagine vada con il tempo assottigliandosi sempre più, fino a scomparire del tutto con la conseguenza che le parti ossee inizino a sfregare l’una contro l’altra.”

Non solo, questo sfregamento porta anche a infiammare altre parti molli come tendini e legamenti. Il risultato? Il paziente svilupperà un dolore cronico con una drastica riduzione della fluidità dei movimenti articolari” spiega il dottor Villa.

L’anca è coinvolta in ogni movimento del corpo e sostiene gran parte del peso corporeo: non ci sono alternative all’uso dell’anca e con una coxartrosi in stato avanzato si sviluppa immediatamente un’invalidità grave nel paziente.

Gli esami da fare prima dell’intervento

Ovviamente non si deve prendere alcuna decisione in merito a un intervento all’anca in base soltanto alle sensazioni e ipotesi del paziente. È fondamentale una diagnosi accurata da parte di uno specialista che offra tutti i dettagli del problema, lo stadio della problematica e la valutazione dell’intervento tenendo presente i rischi e i tempi di recupero. “Solitamente è necessario una radiografia che vada a confermare la diagnosi e un’eventuale (e non sempre necessaria) risonanza magnetica, oltre a un sempre raccomandabile studio dei tessuti molli del paziente.

A questo punto è possibile valutare, in accordo con il paziente, una serie di protesi anca, in modo da scegliere quella più adatta al caso specifico”, prosegue il chirurgo.

Caratteristiche dell’intervento di protesi d’anca

“Le protesi all’anca di nuova concezione sono quanto di più tecnologico si possa pensare, seppure di fondo rimane una certa semplicità. L’idea è infatti quella di andare a:

  • sostituire la parte colpita da coxartrosi;
  • ripristinare il corretto funzionamento dell’articolazione.

Il tutto attraverso un intervento chirurgico che riduca al minimo l’invasività. Ai nostri giorni infatti è possibile intervenire sull’anca con operazioni mini invasive che riducono al minimo l’impatto sui tessuti del paziente.

Non bisogna mai dimenticare che un intervento poco invasivo garantisce anche tempi di recupero più rapidi e una percentuale di totale successo superiore alle aspettative.”

L’intervento di protesi d’anca presso la clinica Guarnieri

“La clinica Guarnieri offre un protocollo di intervento di eccellenza per quanto riguarda l’inserimento di protesi all’anca. Infatti le protesi possono essere installate in tempi rapidi, riducendo al minimo l’impatto nel paziente.

La richiesta alla quale sono chiamato come specialista è offrire percorsi di cura efficaci che, in tempi brevi, permettano ai pazienti di ritornare alle proprie attività quotidiane, ai propri hobby e passioni e perché no, a fare sport. In quest’ottica assume grande importanza l’approccio mininvasivo al quale mi dedico da tantissimi anni.

Per dare un’idea delle diverse tipologie di protesi a disposizione dei pazienti, possiamo dire che l’intervento di protesi, a seconda dei casi, può prevedere la sostituzione completa dell’articolazione malata o solo di una parte di essa, sempre con l’obiettivo di offrire la soluzione più efficace ma allo stesso tempo meno invasivo possibile.”

Recupero e riabilitazione post-operatoria

In Italia gli impianti di protesi articolari hanno raggiunto cifre impressionanti. Gran parte di questi impianti sono proprio dovuti all’artrosi all’anca. “Il problema coxartrosi potrebbe avere anche numeri più alti visto che non tutte le persone afflitte da questa malattia degenerativa si affidano all’intervento chirurgico” sottolinea il dottor Villa.

 “Questa grande diffusione della problematica ha però portato a sviluppare protocolli di riabilitazione molto efficienti e che, compatibilmente con le condizioni generali del paziente, offrono un recupero molto rapido. Ci sono molte variabili in questo delicato ambito legate prevalentemente all’età dei pazienti e alle condizioni di salute generale, ma nella stragrande maggioranza dei casi i tempi di recupero sono davvero molto brevi”.

I tempi di recupero dipendono molto, oltre che dalle condizioni di salute del paziente, anche dall’impegno che dimostrerà durante il processo di riabilitazione: ad alcuni più determinati bastano poche settimane, altri avranno bisogno di qualche settimana in più.

Possibili rischi dell’intervento di protesi

La riabilitazione, come abbiamo visto, può fare la differenza nel recupero dell’articolazione, ma quello che è certo è che la qualità della vita del paziente, dopo l’intervento, subirà una vera e propria impennata, facendo sbiadire il ricordo delle preoccupazioni prima dell’intervento.

“L’intervento chirurgico all’anca per quanto sia assolutamente mini invasivo è pur sempre un intervento chirurgico e presenta dei rischi legati principalmente a infezioni, lussazioni, dismetrie arti inferiori (differenza nella lunghezza finale dei 2 arti), trombosi.

Le infezioni possono essere prevenute curando con molta attenzione la cicatrice dopo l’operazione andando a disinfettare la zona attenendosi alle istruzioni dei medici. Fattori predisponenti le infezioni sono: età avanzata, obesità, malnutrizione, fumo di sigaretta, diabete, utilizzo cronico di steroidi, artrite reumatoide o similari, ASA superiore a 2, depressione, maggior durata dell’intervento. Per la prevenzione è fondamentale un accurato lavaggio la sera prima dell’intervento con antisettici, una accurata igiene personale, limitare la tricotomia (rimozione dei peli cutanei) alla sola zona di incisione e eseguirla il giorno prima dell’intervento, mantenere la glicemia ad un valore inferiore a 200 mg/dl per tutto il percorso peri-operatorio, una idonea profilassi antibiotica con uno o più antibiotici endovena nelle prime 24 ore, l’uso di soluzioni antisettiche alcoliche sul sito chirurgico, limitare i tempi chirurgici. Nonostante tutte le accortezze, una piccola percentuale di pazienti, sviluppa comunque una infezione del sito chirurgico.

Di fondamentale importanza e’ di effettuare una precoce diagnosi e di isolare il batterio patogeno coinvolto. Se la diagnosi viene effettuata precocemente, vi e’ la possibilita’ di salvare l’impianto con tecniche chirurgiche piu’ conservative (dair, dapri, ecc + terapia antibiotica); se la diagnosi viene fatta tardivamente e’ necessario espiantare la protesi, e reimpiantare una nuova protesi, in un unico intervento o in due interventi separati.  Necessario avvertire subito il chirurgo operatore (Dr. Marco Villa), perché, se presa per tempo, potrebbe non essere necessario l’espianto della protesi.

La seconda complicanza più comune, seppur molto rara, dopo la protesi totale dell’anca (PTA) è la lussazione (fuoriuscita della testa del femore dalla cavità acetabolare del bacino). La maggior parte delle lussazioni si verifica all’inizio del periodo postoperatorio ed è dovuta a fattori associati al paziente o chirurgici. I fattori associati al paziente che sono stati implicati come cause di lussazione postoperatoria includono precedenti interventi chirurgici all’anca, interventi chirurgici di fusione della colonna vertebrale lombare, una compromissione neurologica (Parkinson o malattie neuromuscolari, obesità, demenza. I fattori chirurgici includono l’approccio o via di accesso, l’orientamento dei componenti e il conflitto protesico e/o osseo. Una via di accesso mininvasiva, quale quella diretta superiore, rispettando il più possibile i tessuti molli (muscoli, tendini e legamenti), riduce di molto, seppur non azzerandola, il rischio di tale complicanza.

Le fratture accidentali intraoperatorie possono avvenire sia sul versante femorale che in corrispondenza del bacino. Fattori predisponenti sono: l’aumento dell’età, il sesso femminile, l’osteoporosi, la displasia dell’anca; comorbilità come l’artrite reumatoide, protesi non cementate.  Tale complicanze è l’unica che si verifica più frequentemente con tecniche mininvasive che riducono la dimensione della cicatrice e quindi la visibilità del chirurgo, o con accessi chirurgici anteriori che riducono la visibilità della componente femorale.

La trombosi è invece solitamente da considerare come un rischio legato all’immobilità dell’articolazione. Questo rischio si presenta maggiormente per gli interventi di protesi al ginocchio visto che vi sono casi in cui sarà necessario tenere la gamba ferma. In questi casi specifici, durante l’inattività della gamba sarà prevista una cura a base di farmaci anticoagulanti per prevenire la formazione di questo tipo di pericoli.

È bene ricordare, come regola generale, che nella fase post operatoria il nemico numero uno è la mancanza di movimento. Fare esercizi riabilitativi, con costanza, ha un’importanza cruciale in questo tipo di contesto”, conclude lo specialista.