DOLORE LOMBARE? SCOPRIAMO COME CURARE UNA DELLE PRINCIPALI CAUSE: LA DISFUNZIONE SACROILIACA
Il dolore lombare si riferisce al disagio o al dolore avvertito nella parte bassa della schiena, nota anche come regione lombare. Questa area è compresa tra la parte inferiore delle costole e la parte superiore dei glutei. Il dolore lombare può variare da lieve a grave e può essere acuto (di breve durata) o cronico (persistente per un periodo prolungato).
Approfondiamo l’argomento con il Dott. Salvatore Roccalto, specialista in Ortopedia della Clinica Guarnieri.
Articolazione sacroiliaca: funzione e patologie
L’articolazione sacroiliaca unisce, sia a destra che a sinistra, le due estremità del corpo umano, il tronco e gli arti inferiori mediante la giunzione tra l’osso sacro, ultimo distretto della colonna vertebrale e l’osso iliaco, osso del bacino.
La sua funzione è quella di ammortamento delle sollecitazioni meccaniche che si dirigono dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto e in torsione, realizza tale funzione come un giunto articolato che nel fisiologico si muove di pochi millimetri (2-4), su tutti i piani dello spazio. Anatomicamente questa articolazione ha una forma a C ed è costituita da cartilagine ialina, membrana sinoviale, capsula articolare e robusti legamenti.
L’articolazione sacroiliaca può andare incontro a processi patologici che ne determinano una alterata funzione. Tali processi possono essere di natura genetica, anatomica, traumatica, metabolica e infiammatoria.
QUALI SONO I SINTOMI?
L’articolazione sacroiliaca disfunzionale si manifesta con una varietà di sintomi, di cui il dolore è quello predominante.
La sede più frequente del dolore è la regione lombare e glutea ma può irradiarsi anche agli arti inferiori dalla regione inguinale, alla coscia, alla gamba e al piede.
L’irradiazione dolorosa può interessare anche l’addome. Il dolore si accentua ai cambi di posizione e, classicamente, peggiora in posizione seduta e nelle posizioni statiche in generale. Può essere presente anche a letto alterando la qualità del sonno.
Altro sintomo è la percezione di instabilità e parestesie a carico degli arti inferiori, mentre nella disfunzione sacroiliaca cronica avanzata può essere presente anche la disfunzione vescicale e del canale anale.
Questa varietà di sintomi, comuni ad altre patologie, rende difficoltosa la diagnosi a chi ignora la disfunzione dell’articolazione sacroiliaca, portando a diagnosi e trattamenti errati in particolare sulla colonna vertebrale lombare, sull’anca e sul ginocchio.
DIAGNOSI
La diagnosi è prevalentemente clinica e matura dal colloquio con il paziente e da un accurato esame clinico mirato ad escludere patologie in altri distretti e a confermare la disfunzione sacroiliaca mediante manovre e test specifici (distrazione, compressione, extrarotazione della coscia, Faber test, Gaenslen test).
Nel caso in cui il sospetto sia fondato si procede con un ulteriore test diagnostico, ovvero l’infiltrazione dell’articolazione. Quando la patologia disfunzionale dell’articolazione sacroiliaca diventa cronica, con resistenza ai trattamenti conservativi, la persona affetta dal problema è
fortemente invalidata dal dolore e dalla perdita delle proprie capacità funzionali; tale quadro patologico trova la soluzione solo nel trattamento chirurgico.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
L’intervento chirurgico è mininvasivo e consiste nel neutralizzare l’articolazione disfunzionale mediante artodesi: l’intervento consiste nell’indurre
la fusione dell’articolazione sacroiliaca attraverso l’inserimento, previa incisione cutanea di circa 5 cm, di 3 dispositivi in titanio poroso a sezione triangolare che stabilizzano l’articolazione e che determinano nel corso di alcuni mesi una vera fusione articolare.
Gli impianti vengono inseriti utilizzando una cannula di lavoro progettata per proteggere i tessuti molli: il chirurgo raggiunge l’osso non tagliando, ma semplicemente “spostando” i tessuti muscolari che si frappongono. Questi ritornano spontaneamente al loro posto una volta rimossi gli strumenti chirurgici.
La durata dell’intervento è di circa un’ora; si esegue in anastesia generale e la degenza ospedaliera è di 3-4 notti. I sintomi accusati migliorano subito nell’immediato postoperatorio anche se il recupero ottimale avviene in alcuni mesi.
Nella mia attività, l’intervento è sempre preceduto dall’esecuzione di radiografie, TAC che vengono effettuate nella preospedalizzazione in regime di day hospital.
È con questi esami strumentali che l’intervento viene pianificato stabilendo il numero degli impianti da inserire, la loro misura e la loro disposizione.
La pianificazione chirurgica è una procedura a mio giudizio indispensabile per un buon esito dell’intervento.