Articolo del 07/07/2023

Il dolore lombare si riferisce al disagio o al dolore avvertito nella parte bassa della schiena, nota anche come regione lombare. Questa area è compresa tra la parte inferiore delle costole e la parte superiore dei glutei. Il dolore lombare può variare da lieve a grave e può essere acuto (di breve durata) o cronico (persistente per un periodo prolungato).

Approfondiamo l’argomento con il Dott. Salvatore Roccalto, specialista in Ortopedia della Clinica Guarnieri.

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Articolazione sacroiliaca: funzione e patologie

L’articolazione sacroiliaca collega le estremità del tronco e degli arti inferiori, sia a destra che a sinistra, attraverso la giunzione tra l’osso sacro, l’ultimo segmento della colonna vertebrale, e l’osso iliaco, un osso del bacino.

La sua funzione è quella di assorbire gli impatti meccanici che si spostano dall’alto verso il basso e viceversa, nonché in torsione. Questa funzione è svolta come una giuntura articolata che normalmente si muove di pochi millimetri (2-4) in tutti i piani dello spazio. Anatomicamente, questa articolazione ha una forma a C ed è costituita da cartilagine ialina, membrana sinoviale, capsula articolare e robusti legamenti.

L’articolazione sacroiliaca può essere soggetta a processi patologici che ne compromettono la funzionalità. Questi processi possono essere di natura genetica, anatomica, traumatica, metabolica e infiammatoria.

QUALI SONO I SINTOMI?

L’articolazione sacroiliaca disfunzionale si manifesta con diversi sintomi, tra cui il dolore è il sintomo predominante.

Il dolore è più comunemente localizzato nella regione lombare e glutea, ma può irradiarsi agli arti inferiori, dalla regione inguinale alla coscia, alla gamba e al piede.

Il dolore irradiato può coinvolgere anche l’addome. Il dolore peggiora con i cambiamenti di posizione e, tipicamente, si intensifica in posizione seduta e durante la permanenza statica in generale. Può essere presente anche a letto, disturbando la qualità del sonno.

Un altro sintomo è la sensazione di instabilità e parestesie agli arti inferiori, mentre nei casi avanzati di disfunzione sacroiliaca cronica possono manifestarsi anche problemi alla vescica e al canale anale.

Questa varietà di sintomi, simili ad altre patologie, rende difficile la diagnosi per chi non considera la disfunzione dell’articolazione sacroiliaca, portando a diagnosi errate e trattamenti inappropriati, soprattutto per la colonna vertebrale lombare, l’anca e il ginocchio.

DIAGNOSI

La diagnosi è principalmente clinica e si sviluppa attraverso la discussione con il paziente e un attento esame clinico mirato a escludere altre patologie in diverse zone e a confermare la disfunzione sacroiliaca mediante manovre e test specifici (distrazione, compressione, rotazione esterna della coscia, test di Faber, test di Gaenslen).

Se sussiste un sospetto fondato, si procede con un ulteriore test diagnostico, ovvero l’infiltrazione dell’articolazione. Quando la patologia disfunzionale dell’articolazione sacroiliaca diventa cronica e non risponde ai trattamenti conservativi, la persona colpita dal problema è gravemente limitata dal dolore e dalla perdita delle proprie capacità funzionali; in questi casi, la soluzione si trova solo nel trattamento chirurgico.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

L’intervento chirurgico è mininvasivo e mira a neutralizzare l’articolazione disfunzionale attraverso l’artrodesi: l’intervento comporta la fusione dell’articolazione sacroiliaca inserendo, tramite un’incisione cutanea di circa 5 cm, 3 dispositivi in titanio poroso a sezione triangolare che stabilizzano l’articolazione e causano nel corso di alcuni mesi una vera fusione articolare.

Gli impianti vengono inseriti utilizzando una cannula di lavoro progettata per proteggere i tessuti molli: il chirurgo raggiunge l’osso senza tagliare, ma semplicemente “spostando” i tessuti muscolari che si interpongono. Questi tornano spontaneamente al loro posto una volta rimossi gli strumenti chirurgici.

La durata dell’intervento è di circa un’ora; si esegue in anestesia generale e il paziente rimane in ospedale per 3-4 notti. I sintomi migliorano immediatamente nel periodo postoperatorio anche se il recupero completo richiede alcuni mesi.

Nella mia pratica, l’intervento è sempre preceduto da radiografie e TAC eseguite prima dell’ammissione in ospedale in regime di day hospital.

È attraverso questi esami strumentali che l’intervento viene pianificato determinando il numero degli impianti da inserire, le loro dimensioni e la loro disposizione.

La pianificazione chirurgica è, a mio parere, un passaggio fondamentale per garantire un buon esito dell’intervento.

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